L'Arte Brutta Brut come lo champagne (grezzo), ma anche senza additivi. In arte sono creazioni spontanee, non acculturate, ma di grande originalità. È nel XX secolo che si riconosce l’esistenza di quest’arte, fuori dai convenzionali musei, mostre e gallerie. Non sono artisti di professione, ma praticano un’arte che è perturbante. Si scoprono artisti all’interno di manicomi, prigioni, campagne più isolate. Rientrano nel solco delle esplorazioni esotiche e africane, dove, come nell’Art Brut, si ricercano i margini, i selvaggi. Le opere sono visionarie e inclassificabili, non lontane dall’universo della pittura Naif. Alcuni fanno della loro arte, un’arte vulcanica ed erotica (Cheval), incantata e babelica. Si ricordi anche in contemporanea, la follia creatrice del surrealismo. Alcuni eseguono opere in trance medianica, attraverso la scrittura automatica. Si contrappone la libertà dell’inconscio al mestiere. Anche l’uscita dalla guerra provoca l’allontanamento dall’arte alta, colta, asfissiante verso i “militi ignoti”. Non importa l’estetica ma la genesi ed il contesto, fuori degli stereotipi dell’arte alta, classica o di moda. È una creazione marginale come nell’arte Naif, con la quale, però, non bisogna confonderla, con le sue connessioni con l’arte acculturata e rassicurante. L’arte Brut fu’ di ispirazione a molti artisti. Come Klee, Hernst, ecc. Sulla scia della estetica espressionista in Francia e in Svizzera, si era iniziato a dare importanza all’arte che veniva creata nelle istituzioni psichiatriche. Il valore loro attribuito oltre che patologico, fu’ anche estetico. È per i pazienti un tentativo di opporre ad un grande disordine del mondo, il proprio ordine immaginario, che si orienta secondo l’identità sensibile della intenzione individuale. La cosa che accadde, fu particolare anche perché il sesso dell’artista non ebbe più importanza, e da subito molte artiste emersero, e il problema del gender della arte ufficiale non si pose. L’arte brut finisce per avere una forma di auto-terapia istintiva, con funzione riparatrice. Questi non sono artisti in sé e per se, ma artisti naturali, con una urgenza creativa. Ad un certo punto specialmente le artiste iniziarono a sostenere di essere guidate da spiriti o voci. Era il bisogno di uscire dal contesto oppressivo, per dare voce a chi non ce l’aveva. Fu una rivincita sociale di chi si trovo’ in un contesto che riconosceva ampiamente lo spiritismo (vi fu un riscatto sociale di molte donne/artiste). La varietà di linguaggi e tecniche è sorprendente e rispecchia la singolarità di ogni creatore, che si esprime con forme e mezzi unici. Anche giardini ed interi edifici, divengono la tele di questi artisti. In Italia nascerà quella che sarà chiamata arte-terapia. Oggi l’art Brut più che una categoria artistica rappresenta una critica sullo statuto dell’arte. In America il Self-made-man ha infine commistionato l’art Brut, l’arte Naif, la outsider Art di autori solitari, profeti ai margini della società. Oggi l’art Brut ci invita tutti a riflettere, sulla libertà dei nostri limiti, per scoprire che l’arte è la pratica della nostra umanità. DA: Eva di Stefano, “ART BRUT”, Giunti Editore, fascicolo 373 di Arte Dossier. Francesco Panerai